La sfida dei nanobots
La continua ricerca di procedure e
strumenti sempre meno invasivi per l’esplorazione e la cura del corpo umano è
uno dei settori sui quali è attiva la sperimentazione di microsonde capaci di
spostarsi per i vasi sanguigni a mo’ di autostrade per viaggiare attraverso gli
organi del corpo. Chiamati nano robots o più semplicemente nanobots, sono
manufatti artificiali più piccoli e sottili di un capello umano, microscopici
congegni che, almeno in teoria, potrebbero rivelarsi la nuova frontiera per
tutta una serie di applicazioni se e quando la tecnologia si rivelerà capace di
costruirli a costi competitivi. Macchine di questo genere sarebbero azionate da
motori elettrici dalle dimensioni lillipuziane. Di recente Joseph Wang, Aysegul
Uygun e Wei Gao dell’Università della California hanno realizzato un
microscopico razzo - sonda capace di spostarsi a una velocità di circa 1100
micron usando come combustibile microscopiche bolle di idrogeno. Non si deve
pensare a questo congegno come a un razzo dalle dimensioni microscopiche, con
tanto di alette e ugello, perché il motivo per cui è chiamato razzo si deve al
sistema di propulsione. Il suo aspetto è quello di un tubicino lungo dieci
micrometri e largo dai due a quattro, con la superficie interna rivestita di un
sottile strato di zinco. La scelta di questo metallo si deve al fatto che, se
immerso in una soluzione acida , esso perde elettroni e causa la formazione di
bolle di idrogeno che servono da combustibile . La loro espulsione determina il
movimento della micro - sonda . Essendo cavi, questi congegni possono
tranquillamente essere dotati di “testate” a base di farmaci da rilasciare
esattamente là dove servono, minimizzando i possibili effetti collaterali. Si
tratterebbe, insomma, di vere e proprie pillole intelligenti la cui guida,
invece che affidata a circuiti e transistor come accade coi razzi “veri”, è
svolta da speciali magneti. Il dottor Wang non è nuovo a questo genere di
esperimenti avendo già realizzato nel corso del 2011 altri micro- razzi
alimentati però ad acqua ossigenata. Benché questi congegni si siano dimostrati
efficaci nell’intercettare e allontanare dai loro organi-bersaglio cellule
cancerogene, presentavano comunque un rischio perché l’acqua ossigenata, così
utile per la disinfezione di piccole lesioni, si dimostra tossica se
immagazzinata in quantità biologicamente rilevante nei tessuti. Da qui
l’esigenza di realizzare micro - razzi con una diversa forma di propulsione.
Pianeti rocciosi |
Nuovi pianeti rocciosi
La sonda Corot lanciata per conto
dell’agenzia spaziale francese (C.N.E.S.) dal cosmodromo di Baikonur (Russia)
nel 2009, è una delle son de lanciate di recente con il fine di studiare e
identificare nuovi pianeti extra solari. Il tasso di successi da essa
conseguiti ha superato le aspettative degli scienziati , e ad oggi è
considerata una delle sonde più fortunate a livello di scoperte effettuate.
Tanto per cominciare, i suoi strumenti ad altissima risoluzione hanno scoperto
il più piccolo pianeta extrasolare del momento, distante circa 500 anni luce da
noi , chiamato Corot 7b in onore della sonda stessa. Il pianeta di tipo
roccioso si trova nella costellazione dell ’Unicorno e presenta una densità
media pari a 5,5 grammi per cm3, compatibile con quella terre s tre. Il diametro di Corot 7b è
circa il doppio del nostro pianeta mentre la sua massa è per contro inferiore
di un fattore venti . A causa dell’estrema vicinanza alla sua stella, un astro
meno massiccio del nostro Sole distante da noi 456 anni luce, la superficie di
Corot 7b è rovente, attestandosi sui 2000 gradi centigradi che scendono a 200
nel corso della notte. La sonda ha scoperto un altro pianeta nella stessa zona,
stavolta denominato Corot-7c caratterizzato da un’orbita intorno alla propria
stella pari a circa 3,7 giorni. La stessa navicella automatica ha poi scoperto
un pianeta di tipo gioviano, vale a dire costituito in gran parte di materiale
gassoso, Corot- 6b, tre volte più grande di Giove, in orbita intorno a una
stella di tipo solare. Nel 2010 la stessa sonda ha scoperto un altro pianeta,
Corot-9 b, anche questo un gigante gassoso. In questo caso, per determinare la
massa dell’oggetto, risultata poi pari all’ottanta per cento di quella di
Giove, è stato necessario l’ausilio di un’ altra sonda, il telescopio spaziale
Spitzer. La serie fortunata di scoperte della sonda non finisce qui, perché nel
corso dello stesso anno la sonda ha scoperto, nell’ordine, Corot-8 b, Corot-10
b, Corot-11 b, Corot-12 b, Corot-13 b e Corot-14 b, tutti pianeti gassosi.
Infine, al 14 giugno del 2011, la stessa sonda ha scoperto un nu ovo carn et di
ben 10 altri esopianeti : sette di questi – Corot-16 b,Corot-17 b, Corot-18 b,
Corot-19 b, Corot-20 b, Corot-21 b e Corot-23 b – di ti po gassoso. Le scoperte
non sono finite qui, perché gli astronomi hanno intenzione di far eseguire alla
sonda nuove osservazioni presso altre regioni galattiche al fine di
identificare quelli che, secondo i calcoli, potrebbero rivelarsi circa
quattrocento nuovi pianeti ex trasolari. Tutte queste scoperte hanno un’importanza
elevata per gli addetti ai lavori e confermano le buone qualità e la precisione
degli strumenti a bordo della sonda i cui strumenti sono stati forniti da
collaborazioni internazionali per conto dell’E.S.A., l’ Agenzia Spaziale
Europea . Questi risultati fanno pensare che, nonostante l’abbondanza di
pianeti gassosi che orbitano attorno ad altre stelle, anche quelli di tipo
roccioso, più compatibili con la Terra, sono relativamente comuni: una scoperta
che prospettive scientifiche in voga solo una ventina di anni fa avrebbero
negato con decisione.
Avvistamento dello Yeti |
Avvistato il famigerato Yeti?
Kemerovo è una regione siberiana che si
trova a circa 3.500 km da Mosca, dove il comparto industriale lavora da sempre
prodotti e materiali di origine chimica. La regione è però nota agli indigeni per
un’ attrattiva completamente diversa: è infatti vista come l’habitat ideale dei
mitici Mi- Goi, come
li chiamano gli Sherpa , Yeti come invece li chiamano gli osservatori occidentali. Tut ti
sanno che di tale misterioso ominide abbondano ricerche e filmati di qualità
più o meno scarsa, spesso frutto di frodi , dubbi, errati avvistamenti o vere e
propri e truffe. Truffe che invece non dovrebbero esistere nel caso in
questione, almeno questa è la convinzione di Igor Burtsev, famoso esperto di
Yeti, il quale si dichiara convinto dell’esistenza in questa zona della Siberia
di una nutrita comunità di “abominevoli uomini delle nevi ” composta di almeno
venti individui. A dire il vero l’idea di Burtsev non è proprio nu ova perché
già nel 2009 fu organizzata una ricerca sulle tracce dello Yeti nel distretto
di Tashtagol, guidata dallo zoologo Nikolai Skalov, docente della Kemerovo
State University. Il luogo principe è stato la caverna di Azasskaya, una zona
raggiungibile solo grazie all’uso di elicotteri e quindi del tutto isolata ed
impossibile da raggiungere a piedi; lì i criptozoologi russi avrebbero
ritrovato peli non identificabili con quelli di un qualsiasi altro mammifero,
re s ti di attrezzi di legno e diverse impronte. Com’è noto, sia la Siberia che
l’Himalaya sono da sempre i teatri di gran parte degli avvistamenti di Yeti e
sono molti gli abitanti della zona che affermano di aver almeno visto, e in qualche
caso perfino salvato dall’ annegamento, uno di questi esseri. Nel marzo del
2011 lo stesso Burtsev aveva raccolto le testimonianze oculari di almeno 14
osservatori che hanno indicato proprio la caverna di Azasskaya come luogo prediletto
dello Yeti siberiano. Secondo lo scienziato, gli Yeti locali sarebbero alti
circa due metri e caratterizzati da una folta pelliccia rossastra. Come già
altri e più noti primati, anche gli Yeti
siberiani sarebbero capaci di arrampicarsi su gli alberi con notevole agilità
ma, di contro, incapaci di nuotare: “Sono soliti costruire una sorta di
«abitazione» usando come materiale rami, tronchi e fogliame” – ha detto il
criptozologo russo – “o almeno così pensavamo all’inizio. Adesso, basandoci su
nuove testimonianze, penso di poter essere sicuro che quelle costruzioni non
siano una sorta di riparo contro il freddo ma punti di riferimento”. Storie di
Yeti abbondano da sempre in Asia e fanno parte del folklore delle comunità
dell’Himalaya , ma finora nessuno ha potuto vantare video o immagini affidabili
di questi esseri sfuggenti. Tutto vero, quindi? La comunità dei cri ptozoologi locali ha avanzato alcune perplessità sulla notizia, facendo notare come la
creazione in fretta e furia di un centro dedicato allo Yeti potrebbe sembrare,
a occhi scettici , come uno specchietto per le allodole atto ad attrarre l’interesse
dei turisti verso una località praticamente ignorata finora dagli agiati
vacanzieri occidentali. L’atteggiamento della comunità cripto zoologica internazionale
è quindi di cauta perplessità in attesa che da Kemerovo, prima o poi, arrivino
tracce e campioni biologici che rivelino l’indiscutibile esistenza dello Yeti
di Azasskaya.
Massimo Valentini