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domenica 14 aprile 2013

Gabbiani dei Misteri ha cambiato casa!

"Gabbiani dei Misteri" ha cambiato casa. Il nuovo sito, che riguarda, tutti insieme, "Gabbiani delle Stelle", "Gabbiani dei Misteri", il Fan-club, foto, libri e tantissime altre notizie sulle mie attività, è raggiungibile cliccando qui  Il sito è al momento in costruzione, ma è già possibile leggere tante notizie, articoli, informazioni, sarà arricchito da tantissimo altro materiale giorno per giorno, aggiungendo nuove immagini, grafica migliorata e una più ordinata catalogazione delle informazioni. Presto sarà anche possibile taggarvi, se lo desiderate, oltre a svariate altre novità. Troverete, per esempio, non solo TUTTI i miei articoli già pubblicati sul GdM, ma anche TUTTI i numeri della mia rubrica già pubblicati sulla stessa rivista: Inoltre, potrete leggere i miei pezzi scritti per Voyager Magazine e notizie e curiosità sul lavoro di redazione. Una volta completato il nuovo sito, questo sarà cancellato in modo da dirottare il traffico sul nuovo spazio.  


Massimo Valentini  

giovedì 4 aprile 2013

Voyager 2, civiltà aliene ed Esobiologia



Sono molti oggi gli studiosi che ritengono probabile l’esistenza di forme di vita diverse da quella terrestre sviluppatesi da qualche parte nell’Universo. Organismi magari semplici e affini in qualche misura ai microorganismi presenti sul nostro pianeta, ma pur sempre extraterrestri. I pareri diventato discordanti quando si mettono a confronto i fautori dell’esistenza di civiltà aliene altamente tecnologiche e chi invece pensa che siamo decisamente soli in questo grande ammasso di stelle, pianeti e galassie che concettualmente chiamiamo “cosmo”. L’esistenza di altre forme di vita più complesse e organizzate della nostra è un argomento che da tempo immemorabile ha visto filosofi, accademici e teologi confrontare le proprie posizioni, anche se la querelle è ben lontana dall’essere risolta. Coloro che studiano l’ufologia e che danno a questi eventi, numerosissimi, una spiegazione extraterrestre (ricordiamo che il termine UFO designa, in realtà, un qualsiasi oggetto o fenomeno, anche terrestre, che non sia stato identificato con certezza) hanno superato il problema di porsi la domanda su come siano organizzate le civiltà aliene e su quali basi biologiche il loro corpo potrebbe essere basato. Ha destato un certo scalpore la recente dichiarazione del famoso astrofisico Stephen Hawking che ha ventilato l’ipotesi che civiltà aliene più progredite possano rivelarsi aggressive nei nostri confronti invitando i governi ad evitare qualsiasi tentativo di contattarle. E’ anche possibile, naturalmente, che siano altre civiltà a fare il primo passo ed è quello che potrebbe essere successo il 22 aprile 2010 quando la sonda Voyager 2, lanciata dalla Nasa nel 1977 e ancora in funzione dopo oltre trent’anni di attività (la sonda ha visitato Giove, Saturno, Urano e Nettuno e l’11 dicembre 2007 ha superato il cosiddetto “terminal shock”, una zona di spazio superata la quale il campo magnetico del Sole cessa di avere un qualsiasi tipo di influenza) ha cominciato a trasmettere sulla Terra dati assolutamente incomprensibili. C’è chi ha interpretato questo strano fatto come un deliberato atto di una qualche civiltà extraterrestre. Hartwig Hausdorf  (autore del libro “UFOs – They Are Still Flying”) ha infatti dichiarato: sembra quasi come se qualcuno avesse dirottato o riprogrammato la sonda, forse così non conosceremo ancora tutta la verità. Un’idea intrigante, peraltro smentita dalla Nasa con un laconico comunicato nel quale si legge che la sonda: “…ha solo avuto un problema nella formattazione dei dati prima di inviare i successivi, per cui non sono stati trasmessi in modo uniforme.” 1 Ma a prescindere dal fatto che la sonda sia stata intercettata da una civiltà aliena o meno ciò che è affascinante è che essa, similmente alla sua gemella (Voyager 1, anch’essa ancora in funzione) reca a bordo un disco d’oro su cui sono stati incisi musica e saluti in 55 lingue. Questo, proprio nel caso in cui una eventuale civiltà extraterrestre la ritrovi. Ma il problema di come potrebbero essersi evolute creature aliene rimane e una parziale risposta potrebbe trovarsi nell’Esobiologia (o Xenobiologia) una branca scientifica speculativa il cui nome deriva dall’unione tra il termine greco esos (esterno) o “xenos” (straniero) con il sostantivo biologia. Le sue origini affondano negli anni cinquanta grazie al biologo Joshua Lederberg in preparazione dello storico, primo sbarco dell’uomo sulla Luna. 

Joshua Lederberg
Ledeberg infatti suggerì apposite procedure per decontaminare i veicoli spaziali di rientro nell’atmosfera terrestre da possibili batteri “lunari” sconosciuti potenzialmente in grado di scatenare epidemie che avrebbero potuto rendere del tutto inermi le forme di vita terrestri. Questa ipotesi fu subito smentita (la Luna non possiede alcuna forma di vita “indigena”) ma il concetto che nello spazio potrebbero esistere forme di vita rimase. Scopo dell’esobiologia è l’indagine, portata avanti basandosi sull’evoluzione della vita terrestre, volta ad ipotizzare quali potrebbero essere i principi biologici alla base di organismi sviluppatisi su altri pianeti. La sua ricerca, dunque, è limitata a forme vitali basate sul carbonio (come la nostra) ma non per questo è meno affascinante. Gli esobiologi prendono molto sul serio i possibili microorganismi su altri pianeti ma non trascurano neanche la possibilità di forme di vita più intelligenti. A questo proposito Frank Drake, celeberrimo astronomo americano, sviluppò nel 1961 l’equazione che da allora porta il suo nome. Semplificata al massimo, essa ci dice che il numero di civiltà extraterrestri potenzialmente esistenti nell’Universo è in funzione del prodotto di una serie di fattori. Tuttavia le incertezze nei termini dell’equazione rendono impossibile predire se la vita sia un evento raro o meno, perché le probabilità che esistano pianeti abitabili vengono determinate sulla base delle proporzioni osservate. Certamente, l’Universo appare sconfinato e già oggi stiamo scoprendo nuovi pianeti orbitanti intorno a sistemi stellari lontani dal nostro. I fautori di chi immagina il cosmo pieno di vita (sia essa formata da semplici batteri o civiltà tecnologiche) hanno ragione almeno quanto chi sostiene il contrario (che cioè la vita sulla Terra sia il risultato di un fatto più unico che raro). Ecco perché la scoperta anche di un solo batterio non terrestre avrebbe ripercussioni importantissime perché se trovassimo anche un semplice insetto su un altro pianeta, sarebbe la prova evidente che la vita non esiste solo qui da noi. Tale assioma, però, non significa automaticamente che la vita extraterrestre debba anche essere intelligente o superiore alla nostra, perché al momento non abbiamo evidenze scientifiche a sostegno dell'esistenza di forme di vita in grado di comunicare con noi. Una cosa però la sappiamo: esiste un tipo di vita terrestre che può tranquillamente sopravvivere anche nel vuoto degli spazi cosmici e sono proprio le spore batteriche. Nel corso degli anni i ricercatori di tutto il mondo hanno cercato di stabilire se spore e batteri terrestri potessero rimanere ancora vitali se esposti al vuoto dello spazio cosmico, ovvero all’ambiente più deleterio che si conosca. Per esempio, gli scienziati del German Institute for Aerospace Medicine hanno usato un apposito apparecchio della Nasa per verificare cosa accede alle spore di Bacillus Subtilis nello spazio. Una serie di filtri permetteva di saggiare sui campioni raggi ultravioletti e solari oltre ai raggi cosmici. L’esperimento stabilì che il 2% dei batteri erano ancora vivi.2 Ricercatori giapponesi hanno invece condotto un esperimento per simulare l’esposizione allo spazio per 250 anni dello stesso microorganismo. Le spore di Bacillus Subtilis, in questo caso, sono state sigillate in una camera sotto vuoto, bombardate con protoni ad alta energia e portate a -196° C. Metà dei campioni è sopravvissuto.3 Simili studi dimostrano senza ombra di dubbio che i batteri possono sopravvivere nel vuoto spaziale ma dimostrano anche un concetto fondamentale: che cioè la vita sembra assai complicata da debellare e potrebbe benissimo essersi formata anche su altri pianeti. Ma dove? A parte Marte, oggetto del desiderio di moltissimi scrittori di Fantascienza (e scienziati) quale potrebbe essere un possibile candidato per ospitare vita basata sul carbonio? Se limitiamo la nostra indagine al nostro sistema solare scopriremo che uno dei più probabili candidati è un satellite di Giove, Europa, che nel 1997 è stato raggiunto dalla sonda europea “Galileo”. Le prime immagini che la navicella inviò al centro di controllo della Nasa resero euforici gli scienziati. “Galileo” aveva scoperto il primo oceano extraterrestre della storia umana. Sappiamo che Europa è ricoperta di ghiaccio e tra quel ghiaccio la sonda rilevò la presenza di Iceberg. Ora, iceberg equivale ad acqua liquida e quindi la crosta ghiacciata di Europa sembrerebbe scivolare letteralmente su uno strato di acqua.4 Richard Terrile, scienziato all’epoca impegnato nel programma alla Nasa, dichiarò quanto segue alla stampa: “Se mettete insieme acqua più composti organici sulla Terra equivale alla vita.”5 Allo stato attuale non sappiamo se davvero Europa ospiti forme vitali simili a pesci sotto quel ghiaccio, ma certo è che possiede dell’acqua e, forse, non soltanto colonie batteriche ma organismi più complessi. Ma possono esistere anche forme di vita dotate di intelligenza, tecnologicamente avanzate, e magari in grado di comunicare con noi? Si tratta di una visione suggestiva che però raccoglie tanto possibilisti quanto scettici. Nel 1964 il biologo George Simpson ha scritto un articolo in cui evidenziava la futilità della ricerca volta a trovare civiltà extraterrestri liquidandola come “una delle più improbabili scommesse della storia. L’idea che alcuni mondi ospitino necessariamente, secondo alcuni astronomi e biochimici, forme di vita umanoidi è chiaramente falsa.”6 In un dibattito con Carl Sagan il biologo Ernst Mayr ha proseguito sulla stessa argomentazione affermando che: “Sulla Terra, tra i milioni di linee di discendenza solo una ha portato alla nostra intelligenza e tanto basta per convincermi che la vita nell’universo, oltre quella terrestre, è assolutamente improbabile.”Ma se nell’Universo fosse insita una certa “predisposizione” alla vita (e all’intelligenza) su quali composti chimici potrebbe essere basata? L’Esobiologia ha avanzato diversi composti alternativi al carbonio, che potrebbero funzionare per costruire macromolecole biologiche anche se il carbonio rimane di gran lunga il “materiale” più comune negli spazi interstellari. (Infatti, tra le varie molecole identificate nello spazio interstellare 84 sono basate sul carbonio e pochissime su sostanze diverse quali, ad esempio, il silicio). Silicio o composti contenenti silicio, Ammoniaca e Fosforo sarebbero i candidati più probabili. Simili idee non sono affatto campate in aria come si potrebbe pensare. Sulla Terra, ad esempio, le diatomee, i radiolari e le spugne silicee formano i loro scheletri con diossido di silicio. Il fosforo, in forma elementale, è poi molto più reattivo del carbonio. Se diamo un’occhiata alla nostra atmosfera scopriremo che è composta per quasi l’80% da azoto, un gas inerte e dispendioso energeticamente per il suo fissaggio, ma che potrebbe servire da elemento base per un’atmosfera basata sul diossido d’azoto. In una pianeta del genere esisterebbero organismi simili a vegetali che potrebbero assorbire diossido d’azoto dall'atmosfera e fosforo dal terreno, mentre i loro scarti sarebbero a base di ossigeno. A questo punto altre forme di vita consumerebbero tali “piante” e userebbero l’ossigeno atmosferico espirando diossido d’azoto e depositando fosforo come rifiuto solido.8 L’ammoniaca, invece, potrebbe essere ossidata da specifici organismi che rilascerebbero idrogeno come elemento di scarto. Essi verrebbero poi predati da altre creature che respirerebbero idrogeno. Una vita fondata sull’ammoniaca potrebbe essere adatta a pianeti orbitanti al di fuori della “zona di abitabilità” basata sui composti dell’acqua. Anche gli idrocarburi, come i mari di metano ed etano che potrebbero essere presenti sulla superficie di Titano, potrebbero agire come solventi per complesse reazioni chimiche legate a una vita del tutto diversa da come noi la conosciamo. Come si vede i composti “alternativi” per far nascere forme vitali differenti da quella terrestre sono teoricamente già disponibili qui, sulla Terra, e non è detto che in condizioni ambientali proprie di pianeti diversi, orbitanti in altri sistemi solari, non siano una realtà. Impossibile poter ipotizzare la loro forma, ma si tratta di possibilità affatto teoriche. Forse un giorno la tecnologia di cui disporremo ci consentirà di verificare tali teorie o di scoprire qualcosa di ancora diverso. Ciò che è indubbio è che l’esobiologia, il progetto Seti, e la ricerca in generale di vita nel cosmo sono il banco di prova di una visione dell’Universo che si oppone a un'altra, quella degli scettici. Da un lato c’è la parte della scienza più nichilista, quella che crede in un universo sostanzialmente sottoabitato dove noi siamo gli unici esseri intelligenti. Ma dall’altra c’è un visione cosmica, forse più romantica ma non per questo irrealistica. La visione di un universo in cui esiste un messaggio fondamentale: produrre la vita. Un universo, cioè, in cui l’emergere di esseri pensanti, non importa se più o meno avanzati di noi, è parte integrante dell’ordine delle cose. Un universo in cui non siamo affatto soli.  

Massimo Valentini