Paura del virus
Chi ha visto il bel film Virus Letale (1995) interpretato tra gli altri da Dustin Hoffman e Morgan Freeman, ricorderà che la trama verte sulla lotta svolta da un paio di coraggiosi epidemiologi militari che intendono contrastare il rischio di un’epidemia letale scatenata da un virus creato in laboratorio a fini bellici. La notizia che stiamo per riportare ha diversi punti di contatto col film di Wolfgang Petersen, anche se per fortuna l’esperimento reale non ha causato alcun rischio di contaminazione nel mondo reale. La comunità scientifica internazionale è comunque in allarme perché in un laboratorio olandese è stato creato un virus dell’influenza con caratteristiche e virulenza tali da costituire un potenziale serio peri colo per buona parte della popolazione mondiale. Il virus dal quale è stato ricavato il nuovo organismo virale è noto con la sigla di H5N1 (è quello responsabile delle famosa Influenza Aviaria) e ha fornito le basi genetiche necessarie per la ricerca; fine del programma lo studio dell’altissima capacità di contagio e velocità di replicazione per contrastare efficacemente eventuali nuovi virus che dovessero sorgere in natura. La notizia è stata divulgata per la prima volta dal sito internet Science che non ha mancato di evidenziare come la comunità scientifica internazionale sia molto contrariata dalla pubblicazione dei risultati sul nuovo virus, mentre da altre parti sono stati avanzati seri dubbi sull’utilità dell’esperimento. Il fatto è che questo virus simboleggia paure concrete perché non si è mai sopito il timore che il relativamente comune virus dell’Aviaria possa mutare dando vita a una forma assai più virulenta e, quindi, letale: “Con ogni probabilità questo nuovo virus è il più aggressivo del mondo,” ha spiegato l’ideatore della ricerca, Ron Fouchier, che lavora presso l’Erasmus Medical Centre, “e studiarlo servirà a prevenire eventuali pandemie, non certo a causarle.” Fouchier ha inoltre aggiunto che il suo team ha svolto gli esperimenti usando come cavie da laboratorio alcuni esemplari di furetto, da sempre considerati gli organismi animali ideali per ricerche sui virus influenzali. Come specificato anche sulle pagine del quotidiano britannico Daily Mail, il nuovo virus è guardato con sospetto perché sarebbero sufficienti solo cinque mutazioni per renderlo praticamente invulnerabile. Da qui la paura che possa diffondersi per il mondo aggirando le pur formidabili barriere del centro di ricerca olandese. Ma Fouchier è ben determinato a pubblicare i risultati della sua ricerca invocando il diritto della libertà di stampa e sostenendo che non esiste alcun rischio, come invece avanzato da diversi ricercatori della comunità scientifica, timorosi che da queste informazioni potrebbero teoricamente avvantaggiarsi eventuali terroristi internazionali. Il centro di ricerca olandese è ben noto negli ambienti scientifici per la sua precisione e la sicurezza, ma molti osservatori fanno comunque notare che un programma del genere è attraente per eventuali esaltati, come ha con fermato anche un importante virologo del U.S. National Science Advisory Board for Biosecurity americano, Paul Keim, che ha evidenziato come il nuovo virus sia molto più pericoloso dell’antrace. La notizia ha scatenato un putiferio tra i fautori della libertà di stampa e coloro che invece vorrebbero un velo di prudenza sull’ argomento, che invocano sia etichettata come una questione di sicurezza nazionale e sanitaria. L’augurio che noi tutti ci facciamo è che il buon senso prevalga e che se anche fossero pubblicate le informazioni, il nuovo virus abbia i giorni contati.
Il più antico oroscopo
Un gruppo di archeologi ha terminato la ricostruzione della più antica tavola astrologica che si conosca in Europa, un oggetto scoperto in una grotta della Croazia nel 1999. La tavola in questione, composta di 30 pezzi d’avorio, reca incisi alcuni dei moderni segni zodiacali e risalirebbe a oltre 2200 anni fa. Il luogo del ritrovamento,una grotta chiamata Spila ( caverna, in croato) ha svelato il suo inatteso tesoro in modo del tutto casuale. Il primo scopritore del manufatto è stato una donna, moglie dell’archeologo Staso Forenbaher, dell’ Istituto di Ricerca Antropologica di Zagabria, che fu la prima a notare la nicchia nascosta dove era ospitato il reperto. Una vera e propria stanza dei segreti che ha consentito ai ricercatori di scoprire anche diverse coppe e una stalagmite di forma fallica. Nessuno, all’inizio, aveva idea di come ricomporre i pezzi d’avorio, il che ha reso necessari anni di paziente lavoro per comporre un puzzle archeologico che si è rivelato di grande importanza. Si pensa che la tavoletta esisterebbe da prima che l’astrologia babilonese iniziasse a diffondersi nel Mediterraneo e diventasse di conseguenza nota anche in Egitto: “ L’archeologia babilonese – ha detto il professor Alexander Jones, dell’Institute for the Study of the Ancient World – è diventata con molte trasformazioni l’astrologia greca che a sua volta è una versione più moderna dell’astrologia primitiva. La tavoletta ricostruita così pazientemente è espressione del sapere astrologico pre- moderno”. Essa serviva a mostrare la posizione del sole, della luna, dei pianeti e in quale punto dello zodiaco erano sorti o tramontati sull’orizzonte al momento della nascita di un nuovo individuo. Con ogni probabilità si tratta del più antico oroscopo scritto risalente al mondo greco- romano. Più complesso è capire dove la tavoletta sia stata realizzata. L’avorio potrebbe essere originario dell’Africa e arrivato sul suolo europeo percorrendo un tragitto che attraversava l’Adriatico fino al regno degli Illiri, un’antica popolazione di lingua indoeuropea . Secondo alcuni, un astrologo di una colonia greca in contatto con quell’antica civiltà potrebbe aver raggiunto la caverna per divinare il futuro di un capotribù,ma secondo il professor Jones questa teoria è la meno probabile a causa della difficoltà di calcolare la posizione dei pianeti, specialmente se si tenta di partire da una grotta. Più realistica, invece, sarebbe l’idea che la tavoletta possa essere stata parte di uno scambio di beni di valore e forse la coeva presenza di coppe in quella caverna potrebbe essere la prova di un’offerta votiva a qualche divinità. Questa ipotesi è corroborata dal fatto che le coppe sono tutte di origine straniera e potrebbero essere state acquisite con scambi a fine votivo. Anche la presenza della stalagmite modellata in forma fallica fa pensare a un rito di fertilità legato alla determinazione della posizione degli astri nel cielo.
Un volto “amico”
Per la Robotica uno dei campi più complessi è senza dubbio lo studio di sistemi in grado di azzerare o quantomeno di rendere più agevoli le interazioni tra uomo e macchina. Questo perché gli esseri umani hanno l’istintiva tendenza a diffidare di tutto ciò che è sintetico, complici forse anche i tanti film di fantascienza a sfondo orrorifico sfornati dall’industria cinematografica. Per affievolire questo distacco emotivo, un gruppo di ricercatori tedeschi dell’Institute for Cognitive Systems di Monaco, in collaborazione con tecnici giapponesi, ha realizzato Mask- Bot, una macchina in grado di imitare la mimica facciale umana. Mask – Bot ha la capacità di spalancare le palpebre, muovere sopracciglia, bocca, chinare la testa o ruotarla. Tutti questi movimenti sono coordinati con il parlato e variano a seconda della domanda fatta all’automa. La mimica facciale è una delle caratteristiche più tipiche degli esseri umani: è grazie ad essa che riusciamo a esprimere una vasta gamma di emozioni e a capire quelle degli altri. Rendere più efficace il riconoscimento delle emozioni umane permette di costruire macchine di facile uso per l’uomo che può relazionarsi con esse in modo molto più spontaneo e intuitivo. Complice la sempre più elevata aspettativa di vita del mondo occidentale, la figura robotica è destinata a diventare di uso comune per i decenni a venire e già adesso esistono robot, in Giappone, usati come guide museali, infermieri , limitate forme di assistenza agli anziani e ai disabili. Tornando a Mask-Bot, per ora è essenzialmente un semplice meccanismo fornito di schermo sul quale è riprodotto, con tecniche olografiche, un volto umano. Tuttavia il livello dei dettagli finemente riprodotti del viso è impressionante: il volto è visibile sullo schermo traslucido che costituisce la “maschera” del robot anche alla luce diurna, grazie a una particolare vernice che ne amplifica la riflessione cromatica. Siamo a un passo dalla Fantascienza: presto disporremo di fedeli assistenti robotici in grado di sostituirci nei compiti noiosi e ripetitivi interagendo con loro in modo istintivo ed efficace? I passi avanti dei gruppi di ricerca sparsi in tutto il mondo sono considerevoli, ed una cosa è certa: la tecnologia robotica potrebbe davvero rivelarsi una carta vincente per il futuro,ma ciò non deve far temere un mondo alla Blade Runner, il bellissimo film di Ridley Scott dove un “cacciatore di androidi” aveva il compito di distruggere macchine antropomorfe ribellatesi all’ uomo come novelli golem. Il confine tra scienza e fantascienza sembra oggi ormai essere diventato molto sfuggente.
Massimo Valentini
Belle informazioni.
RispondiEliminaGrazie
Sonia
Ciao! Dovresti renderlo come Gabbiani delle Stelle questo sito. Secondo me è carino :-)
RispondiEliminaMarica
ciao Val ^_^
RispondiEliminaSofia